Immigrazione clandestina la nuova sciavitù e AMISTAD

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La schiavitù ha rappresentato e continua ad essere  una delle maggiori vergogne dell’umanità. Nella Giornata mondiale contro la tratta di esseri umani, si ribadisce la condanna e la battaglia contro ogni forma di schiavitù, vecchia e nuova.

Anche  il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella,  ha posto l’accento  sul fenomeno dell’immigrazione dicendo che : «terreno agevole per queste nuove forme di schiavitù è il fenomeno migratorio». «Nessun Paese – avverte – è immune da questa sistematica violazione della dignità umana» e nessuno deve avere «la tentazione di guardare altrove». Soltanto la cooperazione – aggiunge- può sconfiggere questo fenomeno, con una Unione Europea consapevole dei propri valori e delle proprie responsabilità».

Mattarella e i nuovi schiavi

«Sono circa 40 milioni le persone vittime» delle nuove schiavitù, ricorda il capo dello Stato. «Numeri impressionanti che hanno spinto le Nazioni Unite ad adottare l’obiettivo di eliminare il traffico di esseri umani entro il 2030. Si tratta di degenerazioni della nostra società, piaghe da sradicare con fermezza che interrogano le nostre coscienze e ci chiamano a una reazione morale, a una risposta adeguata con un maggiore impegno culturale e civile». Per Mattarella, «terreno agevole per queste nuove forme di schiavitù» è il fenomeno migratorio: «Ogni giorno migliaia di persone pongono a rischio la propria vita e quella dei propri cari per mare e per terra, in condizioni disperate; una tragedia figlia delle guerre, della povertà, dell’instabilità dello sviluppo precario, alimentata e sfruttata da ignobili trafficanti di esseri umani, che li avviano a un futuro di sopraffazioni: sfruttamento lavorativo, adozioni illegali, prelievo di organi, reclutamento da parte della criminalità organizzata, sfruttamento sessuale».

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A muovere i processi migratori sono sempre le politiche imperialistiche occidentali, che colonizzavano in passato e oggi destabilizzano  cagionando i fenomeni migratori.

Continuiamo a sentir parlare dei migranti come “risorse”,  e mai come “esseri umani”. L’essere umano è sacro e ha valore in sé: e tali sono ovviamente i migranti, esseri umani sofferenti e sottoposti a deportazioni di massa dal capitalismo globalizzato. La risorsa ha valore in funzione del valore di scambio. Ha valore ed è “risorsa” per i nuovi sfruttatori, che fanno traffici di vite umane e usano i migranti come risorse da sfruttare e con cui abbassare i costi del lavoro.

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L’ intensa, inquietante ricerca giornaliera di profughi da soccorrere nel mare antistante la Libia, da parte di equipaggi di imbarcazioni di ONG e di privati, animati tutti da incredibile  spirito filantropico, sta suscitando non poche perplessità.

Per noi il dovere dell’accoglienza è sacro, il rispetto delle convenzioni internazionali e le interpretazioni che ne danno la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e i nostri Tribunali sono legge divina. Tanto divina, quanto è immensa la nostra stupidità. Non comprendiamo perché queste regole valgono solo per noi; Malta, Francia, Grecia e Spagna non vengono colpevolizzate se non accolgono i migranti irregolari. Mentre gli altri Paesi europei, stanno a guardare  disinteressati ai nostri problemi .

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Andare a cercare per mare i profughi, a poche miglia dalle coste della Libia, per portarli in Italia, dove cooperative e ONG nostrane lucreranno poi cifre enormi per alloggiare e sostenerli. Sappiamo che sono nella quasi totalità migranti economici e più che un dovere che incombe sui soccorritori  i naufraghi, potrebbe essere invece un clamoroso caso di concorso nella  tratta degli schiavi, reato previsto dall’art. 601 del nostro Codice Penale, con una pena che va dai sei ai venti anni di reclusione, per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza e anche il fermo fuori dalla flagranza.

Certamente è ipotizzabile la  tratta degli schiavi  e non semplice agevolazione colposa di clandestini e al successivo sfruttamento della persona, a questo punto commercializzata, conseguente dalla remunerazione da parte dello Stato in favore chi fa accoglienza professionale (cooperative, comunità, Onlus, ecc.).

I numeri che aumentano di giorno in giorno, in modo esponenziale, degli arrivi in Italia, trova la spiegazione logica in un’organizzazione che lega strettamente scafisti, le navi delle ONG e quelle degli Stati impegnati nelle operazioni ufficiali di soccorso, agevolando e perfezionando in modo diretto ed immediato il piano criminoso dei mercanti di schiavi che operano nel continente africano.

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Ora questi nuovi schiavi non possono   più volgersi  verso l’Oceania, dove l’Australia ha attuato un’efficace politica dissuasiva e risolutiva, confinando i profughi nell’isola “lager” di Manus, a nord di Papua Nuova Guinea.

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Fino a luglio del 2013 gli arrivi in Australia erano numericamente molto consistenti, come quelli che registriamo oggi noi. Con la decisione di portarli tutti a Manus il problema si è immediatamente risolto. Anche la Misericordia ha un limite, come qualche tempo fa Papa Francesco è stato costretto ad ammettere.

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Sulla base di una decisione molto discutibile, si è avviata ed incentivata una politica di soccorso e accoglienza patologica e insensata, nella considerazione che le Convenzioni di Amburgo del 1979 e quella per il  prescrivono che i migranti salvati in mare in condizioni di pericolo debbano essere trasferiti in luogo sicuro, ovvero “in località dove le operazioni di soccorso si considerano concluse e dove la sicurezza dei sopravvissuti o la loro vita non è più minacciata”. Sicuramente la Tunisia, Malta, la Grecia, la Francia, la Spagna potrebbero assolvere perfettamente questo scopo.

Non comprendiamo come mai la nostra attentissima magistratura non abbia ancora trovato il modo   di verificare le inquietanti dinamiche che collegano gli schiavisti del nord Africa con le ONG, con le cooperative e gli enti che in Italia prosperano grazie ad un mercato indecente oltre che illegale. Se le navi di Triton e le nostre raccolgono i finti naufraghi e li portano in Italia, va bene: lo fanno in esecuzione di un accordo internazionale, ancorché incongruo. Le navi dei privati e delle ONG che raccolgono questi “schiavi del Mediterraneo” che per partire dalle loro terre hanno anche pagato somme ingenti a chi li trasporta.  Stando alle convenzioni del mare , dovrebbero portarli nel porto più vicino al luogo di raccolta.  Perché noi li facciamo entrare nei nostri porti e perché le procure non ne sequestrano le navi e ne fermano gli equipaggi? Perché gli organi di polizia non intervengono? Noi siamo una frontiera dell’UE, quelli che arrivano non hanno diritto né all’ingresso né alla libera circolazione nel nostro Stato né in quelli dell’Unione. Però entrano, circolano liberamente, se vogliono rifiutano di farsi identificare, delinquono, godono di incredibili diritti, sono assistiti legalmente e gratuitamente nei ricorsi contro i provvedimenti di polizia, che vengono così vanificati nel 95% dei casi.

 

 Tutto questo ci ricorda la vicenda straordinaria raccontata nel film AMISTAD

Questa storia inizia nel 1839, quando dei cacciatori di schiavi catturano centinaia di africani nella terra dei Mende, l’attuale Sierra Leone, costa nord-occidentale dell’Africa. I prigionieri vengono inviati all’Avana, a Cuba, per essere venduti come schiavi. Due proprietari di piantagioni di canna da zucchero, Don Jose Ruiz e Don Pedro Montez, ne comprano cinquantatré, quarantanove maschi adulti e quattro bambini, di cui tre femmine e un maschio. Il 26 giugno i prigionieri vengono trasportati sulla goletta “Amistad” battente bandiera spagnola con destinazione Porto Principe a Cuba.

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La “Amistad” non era una nave negriera, ma le condizioni in cui vengono tenuti i prigionieri sono ancora peggiori.

Qualche giorno dopo la partenza, Sengbe Pieh, un uomo Mende di 25 anni, che in seguito verrà chiamato Joseph Cinque, riuscì a liberarsi e a liberare gli altri.   Uccidono il capitano, prendono il controllo della goletta e  ordinano a Ruiz e Montez di dirigersi a est, verso l’Africa. Ruiz e Montez fanno finta di obbedire, ma navigano verso est solo di giorno, e di notte verso nord-ovest, prima nei Caraibi e poi verso la costa orientale degli Stati Uniti. La navigazione dura settimane. Il 24 agosto 1839, il brigantino statunitense “Washington” intercetta la nave al largo di Long Island, New York. Pieh e i suoi compagni fuggono dalla nave, ma sono catturati a terra e poi portati in prigione a New Haven, nel Connecticut, dove la schiavitù era ancora tecnicamente legale, con l’accusa di omicidio e pirateria.

Al centro della battaglia c’era la legalità della schiavitù sia in Spagna che negli Stati Uniti. L’importazione di schiavi africani era stata resa illegale negli Stati Uniti nel 1807. La schiavitù e il commercio di schiavi erano invece legali in Spagna se quelli in schiavitù erano spagnoli o provenivano da territori spagnoli. Sengbe Pieh e gli altri prigionieri erano stati comprati e venduti a Cuba, che era allora un territorio spagnolo, però erano stati rapiti da un territorio non spagnolo, in Africa.

Amistad – La piaga della schiavitù

 

Il 7 gennaio del 1840, i prigionieri vengono processati dalla Corte Distrettuale per ammutinamento , senza tenere conto né della loro storia né delle condizioni a cui si erano ribellati. La procura, sotto la direzione del Segretario di Stato, presenta la tesi della Spagna secondo cui i prigionieri dovrebbero essere restituiti a Cuba. Una parte dell’opinione pubblica , già da tempo abolizionista ,si pronuncia contro e si coordina in un Comitato Amistad. Quando finalmente si riesce a organizzare una difesa, non è difficile dimostrare che gli africani erano stati catturati illegalmente, che l’ammutinamento era stato compiuto per rivendicare il loro diritto alla libertà e che tale azione non poteva essere considerata un reato. La sentenza, emessa nel gennaio 1840, accoglie questa tesi: i prigionieri africani non erano spagnoli e dovrebbero tornare in Africa. L’accusa propone appello alla Circuit Court che però conferma la sentenza della Corte Distrettuale e allora decide di impugnare la sentenza davanti la Corte Suprema – Van Buren appoggia.

La tratta degli schiavi

La tratta atlantica degli schiavi: quello che pochi libri di testo ci raccontano – Anthony Hazard

Il Comitato Amistad si rivolse allora all’ex Presidente e Segretario di Stato John Quincy Adams  per sostenere la difesa davanti alla Corte Suprema. Adams era uno dei principali oppositori della schiavitù, aveva una vasta esperienza all’interno del governo, aveva discusso davanti alla Corte Suprema, negoziato trattati internazionali, ma aveva 72 anni, era quasi cieco, e non aveva più sostenuto un caso come avvocato da oltre 30 anni. All’inizio era  esitante, alla fine accettò.

La causa “Stati Uniti vs. Amistad” iniziò nel febbraio 1841. Il governo sosteneva che, in base agli obblighi del trattato, i prigionieri dovevano essere rimandati in Spagna. Adams dichiarò che gli ideali americani di libertà richiedevano che Pieh e gli altri fossero liberati e restituiti alle loro case, in Africa. La Corte Suprema deliberò per 7-1 a favore dei prigionieri africani: non erano spagnoli, erano stati presi illegalmente dall’Africa e sarebbero dovuti tornare in Africa.

Nel novembre 1841, due anni dopo la loro cattura, Sengbe Pieh e altri trentaquattro prigionieri sopravvissuti (alcuni erano morti sulla nave, altri erano morti durante il processo) tornarono nella terra dei Mende sulla nave “Gentleman”. I fondi per il viaggio furono raccolti dal comitato Amistad. Prima di partire donarono una Bibbia a John Quincy Adams, con questa dedica:

«Stiamo per tornare a casa in Africa. Ti ringraziamo per tutta la tua gentilezza nei nostri confronti. Non dimenticheremo mai la tua difesa dei nostri diritti dinanzi alla Grande Corte di Washington. Sentiamo di dovere a te, in larga misura, la nostra liberazione dagli spagnoli, dalla schiavitù o dalla morte. Pregheremo per te, signor Adams, finché vivremo. Che Dio ti benedica e ti ricompensi!»

Il caso giudiziario dell’Amistad è considerato il primo caso di battaglia per i diritti civili negli Stati Uniti. La decisione positiva a favore degli africani prigionieri diede forza al movimento abolizionista, che passò dall’essere un gruppo frammentato a un movimento legittimo, e il caso Amistad aiutò a moltiplicare il suo messaggio sull’ingiustizia della schiavitù.

 

 

Human trafficking represents a multibillion in international trade per annum and continues to be one of the fastest growing criminal industries. While undeniably a global phenomenon, the U.S., as one of the world’s leading human trafficking importers, bears a special responsibility to combat this practice. The U.S. and the international community have adopted various treaties and laws to prevent trafficking, but to truly understand and combat the issue, they must find the root causes enabling traffickers to exploit millions of victims.

Modern Day Slavery

 

The History of Slavery